VIVERE PIù A LUNGO è POSSIBILE: ECCO COME INVECCHIARE MENO E MEGLIO

Vivere per sempre (o almeno molto a lungo) è uno di quei desideri reconditi dell'essere umano. Dall'antichità  con l'imperatore Qin Shi Huang che avrebbe inviato il medico alchimista Xu Fu nei mari orientali per rintracciare l'elisir di lunga vita (senza che facesse mai più ritorno) fino al contemporaneo Bryan Johnson e le sule milionarie terapie geniche per rimanere giovane e fermare l'età biologica. Quello che si conosce a oggi è che, quando si parla patologie, in circa un terzo dei casi sono ereditarie, mentre il 70-75% di possibilità di svilupparle è dato dall'ambiente e il contesto in cui si vive e da fattori legati allo stile di vita (stress, esercizio fisico, dieta, qualità del sonno).

Lo studio di quelle variazioni nell'espressione dei nostri geni, che non sono provocate da vere e proprie mutazioni genetiche, ma che possono essere trasmissibili sono affidate all'epigenetica, branca della genetica che si occupa dei cambiamenti fenotipici ereditabili da una cellula o un organismo, in cui non si osserva una variazione del genotipo.

Epibenessere

A fare chiarezza ci pensa la biologa Marica Franzago, che spiega al Corriere della Sera: «Per definire lo stato di salute e la predisposizione ad ammalarsi, negli ultimi anni la ricerca scientifica ha introdotto il concetto di età epigenetica che misura, attraverso biomarcatori molecolari conosciuti come orologi biologici epigenetici, la nostra età biologica», rivela la ricercatrice presso l’Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara. L'orologio epigenetico è come un «algoritmo che consente di stimare quanto velocemente o lentamente il nostro corpo invecchia».

L'età epigenetica può differire da quella anagrafica. Per aumentare in positivo la distanza tra le due, sarebbe opportuno seguire una dieta varia e sana come «la vera dieta mediterranea, un’adeguata attività fisica, buone relazioni, corrette abitudini evitando gli eccessi, un ottimale riposo». L'epiwelness, insomma. O epibenessere. Ossia "l'arte" di educare noi stessi sul potere delle scelte di vita nel promuovere una possibile longevità in salute. 

Per Roberto Pedretti, professore associato di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università di Milano Bicocca, «le malattie cardiovascolari rimangono la causa più comune di morte in tutto il mondo. La prevenzione primaria consiste nel controllo dei fattori di rischio, come il fumo, l’ipertensione e il diabete». Importante il bilanciamento tra esercizio fisico, alimentazione e un equilibrato microbiota intestinale. Il microbiota rappresenta l’insieme di tutti i singoli microrganismi (batteri, funghi, protozoi e anche virus) che convivono con il nostro organismo senza danneggiarlo.

Il diverso invecchiamento degli organi

Per quanto riguarda l'alimentazione, in uno studio di Science Advances è stato notato che una serie di geni associata al metabolismo dei flavonoidi sarebbe collegata alla longevità. I flavonoidi sono pigmenti vegetali che possono migliorare il sistema immunitario e prevenire alcune malattie cardiovascolari, infiammatorie e neoplastiche e si trovano in frutti di bosco e cipolle.

La ricerca va avanti e oltre a curare si cerca di fare in modo di prevenire. La nuova frontiera, come mostrato in uno studio pubblicato lo scorso dicembre su Nature, è quello di monitorare l'invecchiamento degli organi separatamente, individuando l'età di ognuno di essi. Il paper dimostra come sia possibile calcolare l'invecchiamento di 11 organi, tra cui il cuore, in 5mila persone. «Abbiamo scoperto - si legge nell'abstract - che quasi il 20% della popolazione mostra un’età fortemente accelerata in un organo». L’invecchiamento accelerato degli organi «conferisce un rischio di mortalità più elevato del 20-50% e le malattie organo-specifiche sono correlate a un invecchiamento più rapido di tali organi. Abbiamo scoperto che gli individui con invecchiamento cardiaco accelerato hanno un rischio di insufficienza cardiaca aumentato del 250%», rivela lo studio.

L'approccio dello studio sull'invecchiamento «potrebbe favorire la prevenzione - conclude il professore Roberto Pedretti - e quindi la qualità della vita, perché se ci si accorge che un organo invecchia troppo in fretta si potrebbero prendere provvedimenti prima».

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